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Ritardo del linguaggio nei bambini: che ruolo hanno lallazione e allattamento?

Ritardo del linguaggio nei bambini: che ruolo hanno lallazione e allattamento?

Ogni genitore attende con emozione le prime parole del proprio bambino. Quel momento in cui “mamma” o “papà” escono per la prima volta dalla sua bocca è un traguardo che racchiude mesi di piccoli progressi, ascolto, imitazione e scoperta.

Ma lo sviluppo del linguaggio inizia molto prima di quanto si possa pensare. Già nei primi mesi di vita, il neonato pone le basi di tutto ciò che diventerà comunicazione: attraverso il contatto, il suono della voce, la suzione, il respiro e i primi vocalizzi.

Due fasi, in particolare, svolgono un ruolo chiave in questo percorso: l’allattamento e la lallazione. Entrambe contribuiscono a costruire le abilità motorie e sensoriali necessarie per parlare. Quando una di queste tappe incontra difficoltà, può riflettersi – anche in modo lieve ma significativo – su un ritardo del linguaggio.

Capire il legame tra bocca, voce e comunicazione è il primo passo per accompagnare il bambino in un percorso di crescita sereno e armonico.

L’allattamento: la prima palestra per il linguaggio

Spesso pensiamo all’allattamento solo come a un modo per nutrire il bambino. In realtà, è una delle prime forme di allenamento motorio e sensoriale che coinvolgono bocca, lingua, mascella e respiro — gli stessi elementi che serviranno, più avanti, per parlare.

Durante la suzione, il neonato:

  • esercita i muscoli oro-facciali, fondamentali per articolare i suoni;
  • coordina suzione, deglutizione e respirazione, un’abilità complessa che prepara il terreno al linguaggio;
  • impara a dosare la forza e il ritmo, qualità che ritroveremo nella gestione del flusso dell’aria quando parlerà;
  • entra in una relazione di sguardi e vocalizzi con la madre o il genitore, un vero dialogo emotivo fatto di pause, sorrisi e risposte non verbali.

Non è quindi solo un gesto nutritivo, ma un’esperienza relazionale e comunicativa a tutti gli effetti.

Quando l’allattamento incontra difficoltà

A volte, per vari motivi, il neonato può incontrare ostacoli in questa fase:

  • un frenulo linguale corto (quello che comunemente si chiama “lingua legata”) può limitare i movimenti della lingua;
  • un tono muscolare troppo debole o, al contrario, eccessivamente rigido;
  • difficoltà di postura durante la poppata;
  • scarsa coordinazione tra suzione e respirazione.

Tutte queste condizioni possono portare a una stimolazione orale ridotta, che si riflette più avanti su aspetti come la pronuncia dei suoni o la gestione del respiro durante la parola.

Va sottolineato che ciò non significa automaticamente che ci sarà un ritardo del linguaggio, ma rappresenta un segnale da osservare e, se necessario, da affrontare con l’aiuto di un professionista (logopedista, osteopata pediatrico o consulente dell’allattamento).

Dalla poppata alla parola: il ponte della lallazione

Intorno ai 4–5 mesi, la bocca del bambino diventa il suo principale strumento di scoperta. Non serve più solo per nutrirsi, ma anche per giocare con i suoni. È qui che nasce la lallazione: quel periodo in cui il bambino comincia a emettere suoni ripetuti come ba-ba, ma-ma, da-da, pa-pa.

La lallazione è una tappa fondamentale perché rappresenta il primo allenamento linguistico vero e proprio.
Durante questa fase, il bambino:

  • sperimenta come muovere labbra e lingua per produrre suoni diversi;
  • imita le intonazioni della voce dei genitori;
  • scopre che la voce può attirare attenzione e generare risposta;
  • inizia a collegare suono e significato, quando gli adulti rispondono o ripetono ciò che lui produce.

In sostanza, la lallazione è il ponte tra il suono e la parola.

Quando la lallazione tarda o non compare

Ogni bambino segue un ritmo individuale, ma in genere la lallazione compare tra i 4 e i 9 mesi. Se a 7–8 mesi il bambino non vocalizza, non gioca con i suoni o resta molto silenzioso, è consigliabile parlarne con il pediatra o con un logopedista.

Le possibili cause possono essere diverse:

  • ipoacusia o ridotta percezione dei suoni;
  • scarso interesse per la comunicazione (a volte legato a stimolazione ambientale limitata);
  • difficoltà motorie orali che rendono difficile muovere lingua e labbra;
  • oppure semplicemente un temperamento più osservatore, che richiede tempi più lunghi.

In ogni caso, osservare non significa allarmarsi, ma prevenire: un piccolo sostegno logopedico precoce può fare una grande differenza, aiutando il bambino a scoprire il piacere della comunicazione.

Lallazione e allattamento: un legame più profondo di quanto sembri

L’allattamento e la lallazione sono due tappe distinte, ma strettamente connesse.
Entrambe coinvolgono la funzionalità motoria della bocca, la respirazione, la deglutizione e la percezione uditiva.

Durante l’allattamento, il bambino impara a:

  • muovere la lingua in modo coordinato;
  • controllare la pressione delle labbra;
  • gestire la quantità d’aria inspirata ed espirata.

Tutte abilità che ritroviamo nella lallazione e, più avanti, nella formazione dei fonemi (i singoli suoni del linguaggio).

Un allattamento difficoltoso, prolungato uso del ciuccio o del biberon, oppure una scarsa stimolazione vocale, possono ridurre l’esperienza motoria e uditiva necessaria allo sviluppo naturale del linguaggio.

Questo non significa che un bambino “non allattato al seno” avrà un ritardo del linguaggio — assolutamente no.
Ma vuol dire che in ogni fase della crescita, l’obiettivo è offrire esperienze orali e comunicative ricche, adeguate e variate.

Il contatto visivo: una finestra sul linguaggio

Il contatto visivo tra genitore e bambino è molto più di un gesto affettuoso: rappresenta una palestra naturale per il linguaggio. Quando il piccolo guarda il volto dell’adulto durante la comunicazione, osserva inconsciamente i movimenti di labbra, lingua e mandibola, imparando a coordinare i propri. Questo processo di imitazione visiva è fondamentale per il controllo dei fonemi, cioè dei suoni che compongono le parole.
Guardarsi negli occhi mentre si parla, si canta o si gioca permette al bambino di associare il suono al movimento articolatorio, rinforzando la connessione tra ciò che sente e ciò che produce. Inoltre, il contatto visivo stimola l’attenzione condivisa, essenziale per lo sviluppo cognitivo e comunicativo. Ogni sorriso, parola o sguardo scambiato è un piccolo passo nella costruzione del linguaggio e del legame emotivo tra genitore e figlio.

Ritardo del linguaggio: cosa significa davvero

Il termine “ritardo del linguaggio” fa spesso paura ai genitori, ma è importante capire che non indica necessariamente un problema grave.

Un ritardo del linguaggio si riferisce a un andamento più lento rispetto alla media, pur mantenendo le stesse tappe di sviluppo. Il bambino può parlare più tardi, ma segue una sequenza normale (prima le parole isolate, poi le frasi).

Diverso è il caso del disturbo del linguaggio, dove la difficoltà è più profonda e riguarda la struttura stessa della comunicazione: la comprensione, la grammatica, l’articolazione dei suoni.

Un logopedista può distinguere tra le due situazioni e proporre, se necessario, un percorso di stimolazione precoce, che spesso basta a colmare il divario.

Il ruolo del genitore: stimolare senza forzare

Il linguaggio nasce nella relazione.
La cosa più importante che un genitore possa fare è offrire un ambiente comunicativo ricco, sereno e affettuoso.

Ecco alcune strategie semplici ed efficaci:

  • Parlate spesso al bambino, anche durante le routine quotidiane: “Ora ti metto la maglietta”, “Andiamo a preparare la pappa”.
  • Ascoltate e rispondete ai suoi suoni, anche se sembrano casuali. Ogni volta che rispondete a un “ba” con un sorriso o una parola, rinforzate il suo desiderio di comunicare.
  • Cantate, giocate con le rime e con i suoni: il ritmo e la musicalità facilitano l’apprendimento linguistico.
  • Riducete l’uso del ciuccio e del biberon dopo l’anno di età, per lasciare spazio ai movimenti articolatori liberi.
  • Limitate gli schermi nei primi due anni: il linguaggio si sviluppa solo attraverso l’interazione reale.
  • Leggete insieme: anche un libro di immagini, sfogliato e commentato insieme, è una palestra straordinaria per la comunicazione.

Il linguaggio non è solo parole: è scambio, emozione, reciprocità.

Quando rivolgersi a un logopedista

Molti genitori attendono sperando che “prima o poi parlerà da solo”, ma intervenire presto è sempre più efficace che aspettare.

Un logopedista può:

  • valutare il profilo comunicativo e motorio del bambino;
  • suggerire esercizi o giochi mirati per stimolare il linguaggio;
  • lavorare in sinergia con il pediatra o altri specialisti (otorino, neuropsichiatra infantile, osteopata, ecc.);
  • guidare i genitori con indicazioni personalizzate da applicare a casa.

Spesso bastano poche sedute di stimolazione precoce per riattivare la curiosità comunicativa e sostenere lo sviluppo spontaneo del linguaggio.

Un messaggio rassicurante per i genitori

Ogni bambino ha i propri tempi e la propria modalità di comunicare. Alcuni parlano presto, altri ascoltano a lungo prima di esprimersi. L’importante è offrire ascolto, presenza e stimoli adeguati.

L’allattamento e la lallazione rappresentano due fondamenta invisibili del linguaggio: allenano la bocca, il respiro e la relazione. Anche quando ci sono difficoltà iniziali, con il giusto sostegno il bambino può recuperare pienamente e sviluppare un linguaggio ricco e armonioso.

Ricordiamoci che la parola nasce dall’amore, dal contatto e dalla voglia di capirsi. Ogni “ba” o “ma” che un bambino pronuncia è già l’inizio di un dialogo.

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logopedista ISABELLA DE MARIA

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